sabato 11 settembre 2010

Riprogettare la propria carriera


L’esperienza di UnBreakFast, libera associazione di professionisti in cerca di nuova occupazione.

Articolo pubblicato sulla rivista di AIDP, settembre 2010, n.3
Incontro di Luciana Zanon, formatrice e coach con Chiara Bonomi, Presidente dell’Associazione UnBreakFast

Essere buttati fuori dall’azienda dall’oggi al domani, non per demerito ma per ragioni legate alla crisi, è purtroppo un’esperienza che molti italiani hanno vissuto e stanno vivendo in questi due ultimi anni. È un’esperienza “democratica” nel senso che coinvolge tutti il livelli e tutti i settori.
Riprogettare la propria carriera diventa quindi una competenza indispensabile per far fronte ad un mercato del lavoro in continua turbolenza.
Ma come ci si sente quando si è buttati fuori, quali sono i momenti più difficili e soprattutto che cosa bisogna fare e cosa è bene cambiare?
Cominciano con queste domande il mio incontro con Chiara Bonomi, presidente e fondatrice di UnBreakFast, associazione che riunisce dirigenti, quadri e alte professionalità, temporaneamente inoccupati.

Chiara Bonomi: “L’idea dell’associazione nasce da una mia esperienza personale: ho fatto una brillante carriera e a 32 anni ero dirigente in un’importante azienda dell’information tecnology. Erano gli anni delle carriere veloci e io per carattere e priorità mi ci sono buttata. Ero il direttore della comunicazione quando la bolla è scoppiata e a seguito del crack finanziario mi sono ritrovata a casa con una buona uscita non pagata. Sono passata da una condizione di super lavoro al non aver niente da fare tutto il giorno. Come reagisci?
Ci sono diverse fasi: all’inizio stupore e godimento. Ti dici – stamattina dormo, poi vado a farmi la ceretta - insomma la sensazione di riappropriarsi del tempo. Poi subentra un forte senso di vuoto: è molto più forte la mattina, quando si è abituati a pianificare la giornata di lavoro. Alle volte diventa devastante, i colleghi sono al lavoro e la gente al mattino risponde meno alle telefonate.”

L’elaborazione del lutto, della perdita della vecchia identità è dunque il primo passaggio della trasformazione. Si può passare da momenti di euforia dove tutto è possibile a momenti di vuoto dove ci si percepisce come esclusi e inadeguati. Spesso l’emozione è la vergogna e non si riesce a parlare della propria nuova condizione con colleghi ed amici, qualche volta addiritttura neanche in famiglia. E’ necessario del tempo perché la perdita di identità professionale venga sostituita o integrata in un nuovo modo di percepirsi come individuo e come professionista.

Chiara Bonomi: “Più le persone hanno un impegno manageriale, più grandi le responsabilità e più questo passaggio è doloroso. Soprattutto per gli uomini, dove probabilmente l’dentità personale e quella professionale si sovvrappongono, il tempo di elaborazione è più lento. E ancora più fatica fanno quelle persone che nel loro passato professionale hanno sperimentato pochi cambiamenti: chi lavora da vent’anni sempre nella stessa azienda ha delle difficoltà enormi a rimettersi in discussione, alle volte addirittura l’incapacità di scrivere il proprio CV ”.

Essere padroni del proprio futuro purtroppo non può più voler dire essere certi di quello che ci accadrà. Questo è sempre stato vero ma lo è maggiormente in quest’epoca di cambiamenti impetuosi. Essere padroni del proprio futuro oggi vuol dire essere disposti a cambiare continuamente non nascondendosi i dati della realtà esterna, anche quelli che non ci piacciono. E nello stesso tempo avendo ben chiari i propri desideri, le proprie inclinazioni e le proprie priorità. La capacità di mantenere elevata la motivazione verso gli obiettivi nonostante la presenza di ostacoli, di difficoltà e disagio, essere insomma resilienti costituisce un fattore fondamentale ed una capacità più efficace ed evoluta rispetto al semplice “saper sopportare” passivamente.

L’obiettivo di UnBreakFast è quello di condividere l’esperienza ma anche di utilizzare questo momento di temporanea inattività (e non di disoccupazione) per riprogettare la propria carriera, con momenti di formazione e creazione di un un network di relazioni interpersonali: “La vita associativa tira fuori la generosità, dare una mano all’altro aiuta te stesso. Noi ci incontriamo il giovedì mattina (la mattina è il momento più difficile per chi non lavora) in un bar del centro di Milano e dopo un deliziosa colazione affrontiamo temi particolarmente utili che vanno dalla modalità di relazione con gli Head Hunter agli approfondimenti tecnici sulle nuove normative in tema di occupazione con il supporto di specialisti e professionisti del settore che spesso sono ospiti a colazione”.

E un passaggio importante è quello della valutazione e ri-valutazione delle proprie competenze che come sottolinea Chiara non sono solo quelle professionali ma anche le competenze di vita: “Ne escono bene le persone con una passione nella vita, a volte riescono a trasformarla in business o comunque a generare in modo creativo altre possibilità, ho visto mettere a frutto questa passione ad esempio organizzando compravendite su e-bay molto redditizie”.

Per molti riprogettare la propria carriera spesso vuol dire fare il balzo e decidere per l’attività free lance. Ma questo richiede dei veri e propri salti mentali, una diversa concezione del tempo, del denaro e del proprio modo di lavorare. “Bisogna diventare bravissimi a pensare per progetti e per funzioni. A fare il passaggio da cliente a fornitore, a imparare a non vergognarsi di vendere i propri progetti. Ma bisogna diventare anche molto operativi, fare tutto da sé, dalla strategia alle fotocopie. Organizzarsi un angolo di lavoro in casa, superando la necessità di avere per forza l’ufficio per avere lo status di persona occupata.”
In questo percorso diventa fondamentale l’arte di promuovere se stessi, la capacità di sviluppare un proprio marketing personale o personal branding, utilizzando per questo scopo tutti gli strumenti chhe anche il web può offrire.

Alle volte l’inoccupazione è l’occasione anche per rivedere e scegliere un altro stile di vita. “Il fatto di disporre di meno denaro ti può far vedere altri aspetti della vita. Il fenomeno del downshifting, meno dispendio più qualità della vita, fa organizzare le persone in modo diverso: si costituiscono in GAS (gruppi di acquisto solidale), organizzano delle vacanze non all’ultimo minuto e al prezzo più alto, scelgono la bicicletta al posto della macchina. “

Riprogettare la propria carriera richiede agli individui una grande flessibilità, una grande capacità di adattamento. Ma questa stessa flessibilità, sottoliinea Chiara, manca completamente alle aziende. “L’ aziende dovranno cambiare molto in questo, ora non hanno il coraggio di assumere una persona inoccupata, quella stessa persona che magari solo un anno prima avrebbero super pagato solo perché rivestiva una posizione ufficiale. Oppure tendono ad assumere le persone per lo stesso ruolo che hanno svolto da sempre non riuscendo a concepire che le persone si trasformano e si reinventano in ruoli diversi. Per non parlare della rigidità a prendere in considerazione persone di grande qualità ed esperienza ma che hanno superato i quaranta”.

E grandi cambiamenti li dovrà fare anche la società e il mercato del lavoro: “UnBreakFast parte dal presupposto che nel mercato del lavoro di oggi trovarsi temporaneamente senza fissa occupazione è una situazione assolutamente ordinaria che fa parte, a suo modo, di un percorso di crescita personale e professionale.”.

E se “allenarsi a cambiare” diventa la sola possibilità per gli individui di superare il momento traumatico della perdita del lavoro, lo stesso allenamento dovrà impararlo la nostra società : la cultura italiana infatti ha una storica incapacità di vivere cambiamento ed incertezza come delle possibilità. Se consideriamo infatti quello che Geert Hofstede, sociologo e studioso delle differenze interculturali, definisce l’annullamento dell’incertezza, ovvero il bisogno di ridurre al minimo il rischio, possiamo vedere dei confronti interessanti. In Italia il bisogno di annullare l’incertezza si attesta sul valore di 75, mentre negli Stati Uniti è 46 e in Cina è addirittura 30. Certo c’è chi sta peggio di noi: per la Grecia è 112 e per il Portogallo è 104, così per prendere due esempi a caso .
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venerdì 3 settembre 2010

Orientarsi nei boschi e in mare aperto come nella burocrazia: il caso dei comuni di Reggio Calabria


E' il resoconto di un esperienza Outdoor che ho condotto con alcuni Comuni della Provincia di Reggio Calabria tra giugno e luglio di quest'anno e pubblicata sul portale della Formazione Esperienziale.



Lo scetticismo iniziale

Era stata accolta con un po’ di scetticismo, anche tra gli addetti ai lavori. Alla vigilia, nella conferenza stampa di presentazione, la nostra stessa, onesta ammissione era stata che: «non era possibile prevedere l’efficacia e i risultati di questa metodologia». Un’incertezza iniziale generale dovuta precipuamente al fatto che la “formazione esperienziale” proposta in modalità Outdoor Training Management®, per la Pubblica Amministrazione locale del Mezzogiorno d’Italia, rappresentava una novità di fatto assoluta. Malgrado fosse già stata sperimentata da tempo e con grande successo nelle regioni del Settentrione, in particolare nel settore delle aziende private, nessuno aveva mai pensato infatti di far conoscere e praticare anche al Sud – e progettata e dedicata esclusivamente ai dipendenti pubblici, per giunta – questa metodologia di formazione/azione alternativa a quella tradizionale. Continua a leggere

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