lunedì 29 giugno 2009

Riflessioni di un manager qualunque


Articolo pubblicato su 7th floor e presentato al Festival dell’innovazione. Roma

“Il futuro non è più quello di una volta” si può leggere sul muretto del ponte che collega il Parco Sempione con via XX settembre passando sopra le Ferrovie Nord a Milano.
Certo, penso fra me e me, è vero il futuro non è più quello di una volta e probabilmente questo è sempre stato vero per tutte le epoche e tutte le generazioni, ma oggi che il futuro non sia più quello di una volta forse è ancora più vero di un tempo.
“I secoli precedenti hanno sempre creduto in un futuro o ripetitivo o progressivo. Il XX secolo ha scoperto la perdita del futuro, cioè la sua imprevedibilità.”* . Dunque è così, il futuro non si può prevedere, le conoscenze cambiano rapidamente, le aziende ed il lavoro si trasformano con altrettanta rapidità e quindi come attrezzarsi per il futuro?

“Una grande conquista dell’intelligenza sarà, infine, quella di potersi sbarazzare dell’illusione di predire il destino umano. L’avvenire resta aperto e imprevedibile.”
Oddio aperto e imprevedibile! E come faccio ad organizzarmi la vita, dove li metto i miei progetti e i miei desideri, a cosa potranno mai servire le mie competenze, che cosa me ne farò della mia esperienza in un futuro senza direzione?
“L’inatteso ci sorprende. Il fatto è che ci siamo installati con troppa grande sicurezza nelle nostre teorie e nelle nostre idee, e che queste non hanno alcuna struttura di accoglienza per il nuovo. Il nuovo spunta continuamente: non possiamo mai prevedere il modo in cui si presenterà, ma dobbiamo aspettarci la sua venuta, cioè attenderci l’inatteso.”* Eh già, facile a dirsi, ma intanto io come mi sento ad attendere l’inatteso, a non sapere dove dirigere i miei sforzi perché tanto tutto è imprevedibile. Solo ai tempi di mio padre sapevi che prendere quel tipo di laurea ti avrebbe assicurato una certa carriera professionale, ma ora a trent’anni, hai già cambiato diverse mansioni e continuamente l’azienda ti chiede di cambiare per star dietro a fusioni, nuove tecnologie, nuovi modi di gestire i clienti.
“E, una volta giunto l’inatteso, si dovrà essere capaci di rivedere le nostre teorie e idee più che far entrare con il forcipe il fatto nuovo nella teoria incapace di accoglierla veramente.”*
Alle volte addirittura annullare le nostre teorie, con il coraggio di chi riparte da zero se per davvero vuoi accogliere il nuovo, ma questo quanto mi costa, per cosa tutta questa fatica?
“Come l’ossigeno uccideva gli esseri viventi primitivi fino a quando la vita non utilizzò questo corruttore quale disintossicante, così l’incertezza, che uccide la conoscenza semplicistica, è il disintossicante della conoscenza complessa.”*
Dunque è questione di sopravvivenza, rinunciare alle mie certezze e coltivare deliberatamente l’incertezza è l’unica speranza per sopravvivere. Ma alle volte, lo ammetto, l’incertezza più che apparirmi come il disintossicante della conoscenza semplicistica, mi fa passare notti insonni a chiedermi cosa farmene della mia esperienza. La parola d’ordine per tutti sembra essere cambiamento ma a volte a questa parola segue come pensiero immediato la perdita del proprio sapere.
“Ciò di cui ci stiamo occupando è l’esperienza di imparare ad imparare, imparare a risolvere i problemi e a prendere decisioni, o più precisamente imparare circa l’incertezza, il disagio, l’ansia connessi con la risoluzione dei problemi, il lavoro, il creare.”**
È così, è proprio così:il contenuto della mia conoscenza alle volte è solo un fardello, è una falsa sicurezza di poter sapere, è una conoscenza chiusa e ripetitiva che impedisce anche solo di vedere nuovi problemi e nuove soluzioni. Ed è altrettanto vero che guardare al futuro vuol dire misurarsi con il disagio e con l’ansia e imparare a non farsene travolgere.
Ma tutta questa fatica solo per la sopravvivenza?
“Voglio trovare un senso a questa storia
Anche se questa storia un senso non ce l’ha.
Voglio trovare un senso a questa vita
Anche se questa vita un senso non ce l’ha”***
Ecco è questo, la fatica la posso fare purché abbia un senso, un senso per me. Il cambiamento va bene, l’azienda mi chiede continuamente di cambiare ma perché cambiare se non so a che cosa serve il mio lavoro. Mi chiedono di motivare le persone, ma come posso farlo se a volte io stesso perdo il senso di quello che sto facendo?
Ecco dare un senso al mio lavoro, anche se, adesso, un senso non ce l’ha.
“Ripensare ai propri pensieri, anche sul lavoro, significa provocare ispirazione, creatività, innovazione, e aumentare la libertà”****
Anche dentro le organizzazioni, è questo che è necessario cercare: uno spazio per ripensare ai propri pensieri. Quale innovazione ci può essere se non c’è poesia, ispirazione, creatività? Ma incredibilmente queste parole sembrano fare a pugni con il linguaggio delle aziende, cosa c’entra l’ispirazione con il raggiungimento degli obiettivi, cosa c’entra la libertà con il profitto aziendale?
Eppure come posso essere innovatore se non mi sento libero ed ispirato?
“Le certezze stanno tramontando e per affrontare i problemi di oggi non bastano il metodo e la dottrina consolidata: i nuovi strumenti vanno cercati soprattutto dentro di sé e nelle persone intorno a sé.”****
Come posso essere creativo, io con le mie persone, se la mia e la loro anima è altro dal lavoro di tutti i giorni? Fermarsi e riflettere dunque sui propri pensieri e alimentare la forza creativa interiore.
“Voglio trovare un senso a questa vita
Anche se questa vita un senso non ce l’ha
Sai che cosa penso
Che se non ha un senso
Domani arriverà...
Domani arriverà lo stesso”***
Certo domani arriverà lo stesso, ma quante persone, colleghi di successo, ho visto svuotarsi piano piano a furia di super lavoro e ad un certo punto non poter dare più nulla né al proprio lavoro né alle loro stesse vite? Quante persone ho visto inaridirsi e perdere se stesse…
“Il miracolo dell’osservare è che mentre stai osservando il tuo corpo, il tuo osservatore diventa più forte;mentre osservi i pensieri, il tuo osservatore diventa più forte. Quando stai osservando i tuoi stati d’animo, l’osservatore è diventato così forte che può rimanere sé stesso, a osservare se stesso, proprio come una candela che , nella notte oscura,non illumina soltanto tutto ciò che ha intorno, ma illumina anche se stessa.”*****
Ringrazio il writer milanese che con il suo pensiero ha scatenato riflessioni, timori, speranze di un manager come tanti. Forse il futuro non è più quello di una volta, ma attrezzarsi per il futuro, come un tempo, è cercare la propria creatività, trovare il coraggio di ascoltare se stessi, creare gli spazi per la propria libertà. E accettare infine di essere un vero innovatore, non di subire il cambiamento.
“Tempo verrà in cui,
con esultanza saluterai te stesso,
arrivato alla tua porta,
nel tuo specchio [….]”******


* Edgar Morin. “I sette saperi necessari all’educazione del futuro”
** Elliot Jaques ,“Lavoro creatività e giustizia sociale”
***Vasco Rossi, “Un senso”
**** Andrea Vitullo, “Leadership riflessive”
***** Osho, “The Golden Future”
****** Derek Walcott, “Mappa del nuovo mondo”

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