mercoledì 12 settembre 2007

Il talento (o la determinazione) di Chagall

In primavera a Roma c’è stata una bella mostra di Marc Chagall. Oltre ai quadri, qua e là erano esposti alcuni brani autobiografici. Alcuni davvero commoventi, come quello che trascrivo.

Un bel giorno (ma tutti i giorni sono belli) mentre mia madre stava mettendo il pane nel forno, mi feci accosto a lei che teneva la paletta e afferrandola per il gomito infarinato le dissi: “ Mamma vorrei fare il pittore. È finita, non posso più fare il commesso né il contabile….Lo vedi da te stessa, mamma, sono forse un uomo come gli altri? Di che cosa sono capace? Vorrei fare il pittore. Salvami mamma. Vieni con me. Andiamo, andiamo! C’è un posto in città; se mi accettano e se concludo i corsi, sarò un artista. Ne sarei così felice!”
“Cosa? Un pittore? Sei pazzo, tu. Lasciami mettere il pane in forno: non mi seccare. Ho il pane da fare….” alla fine, è deciso. Andremo dal signor Pen. E se egli riconosce che ho del talento, allora ci si penserà. Ma in caso contrario….
(Sarò pittore lo stesso, pensavo tra di me, ma per conto mio).
Marc Chagall, 1931

Commovente che un povero bambino ebreo ignorante, in un piccolo paese di contadini sperduto nella Russia degli anni trenta riconosca con tanta chiarezza il suo talento prepotente e con determinazione, a dispetto di tutto e di tutti, decida che comunque lui sarà un pittore.
È un tema questo, il riconoscimento del proprio talento e il suo perseguimento, che riguarda ognuno di noi. E non solo all’inizio della nostra attività lavorativa, ma sempre, considerando che per come è organizzato il mondo del lavoro dobbiamo ridefinire continuamente le nostre scelte.
Ma quanto sono in grado di riconoscere il mio talento? E quanto sono disposto a fare per seguire le mie inclinazioni? E quanto il mio lavoro attuale corrisponde al mio talento naturale? O quanto piuttosto lo soffoca?

Siccome settembre è il mese dei ripensamenti sugli anni e sulle età, potremo dedicare un po’ di tempo a queste riflessioni. Continua a leggere!